Non siamo più solo cittadini residenti sulla Terra, ma utenti-clienti di piattaforme che ridisegnano i confini geografici, geopolitici e geo-computazionali entro i quali ci muoviamo. Benvenuta era del coding
“Stiamo vivendo passaggi epocali spinti dall’innovazione tecnologica. In genere nei passaggi tendiamo a vederci come residuo di ciò che è stato finora e, quindi, a leggere ciò che accade come ‘post’ di qualcosa. Proviamo, invece, a guardare al presente e alle sue trasformazioni non come se decretassero la fine di un’epoca, perlomeno non solo, ma come se fossero l’inizio di un’epoca totalmente diversa, con logiche e dinamiche nuove. Non un ragionamento sulle macerie di quello che è stato ma sulle materie che stanno forgiando il nuovo mondo. È un invito a tutti noi a lasciare da parte i modelli, i paradigmi con cui abbiamo letto la nostra esperienza del mondo finora, ovvero quelli industriali e post-industriali, e a provare a leggere le dinamiche ancora embrionali legate al fatto che stiamo entrando nell’era del codice software. Finora abbiamo traghettato la civiltà umana da civiltà orali, che hanno usato la voce per costruire istituzioni e modi di vita del passato, attraverso società, economie, istituzioni fondate sulla parola scritta e stampata, fino alla nuova era in cui stiamo entrando, quella della parola che si programma, il coding.”
Cosimo Accoto lavora all’incrocio tra filosofia e tecnologia e, quando non scrive libri, mette la sua esperienza a servizio delle aziende e delle organizzazioni per creare mappe di senso e aiutarle a orientarsi nella complessità del mondo che cambia. Lo abbiamo ospitato nell’ultimo episodio di Oll In, il nostro podcast che dà voce a chi si occupa e preoccupa degli scenari emergenti per provare a fissare qualche punto fermo nel ragionamento su quale società vogliamo costruire e che tipi di donne e uomini vogliamo essere.
In apertura dell’episodio, eccezionalmente condotto da Paolo Emilio Colombo, siamo partiti dalle conclusioni di uno dei libri che compongono la trilogia di Accoto, “Il mondo dato. Cinque brevi lezioni di filosofia digitale”, che prefigura l’avvento di una nuova civiltà. Vi si legge, infatti, che stiamo passando dall’era del “post” (post-fattuale, post-verità, post-industriale) all’era del “proto”, in cui si affermano nuovi paradigmi sociotecnici ispirati alla programmabilità, di sé e del reale. Gli abbiamo chiesto di dettagliarci in cosa consiste questo passaggio e se in questo movimento dal mondo come rappresentazione al mondo come organizzazione, in cui si perde molto in termini di individualità e arbitrio, immaginazione e aleatorietà, ma si guadagna in ottimizzazione e funzionalità, è già possibile decifrare il “nuovo patto sociale” tra cittadini, politica e organizzazioni.
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Il digitale sta ridisegnando le condizioni di esistenza e di esperienza del nostro pianeta. Il codice software e il cloud, dove il codice risiede, sono alcuni degli elementi che compongono questa nuova realtà. Secondo Accoto, il pianeta viene ricreato digitalmente “a strati”: lo strato geologico chiaramente c’è ancora, ma sopra questo primo livello materiale si stanno costruendo nuovi strati (oltre a codice software e cloud, dati, sensori e così via), che non sono mere tecnicalità, modi strumentali di fare delle cose, ma “forme istituzionali” che forgiano le nostre nuove identità digitali e delineano ciò che possiamo fare abitando il nostro nuovo pianeta digitale. “Prima i confini statali erano molto legati alle geografie dello Stato, spesso erano montagne, fiumi, elementi naturali che delimitavano le popolazioni e determinavano che cosa si poteva fare nel pezzo di Terra che si abitava”, osserva il nostro ospite. E aggiunge: “L’arrivo del digitale scardina i confini naturali, e anche i confini politici che ci abbiamo costruito sopra, creando nuove condizioni per cui non si è più semplicemente cittadini residenti su un pezzo di geografia fisica del pianeta, ma cittadini-utenti-clienti di piattaforme che ridisegnano confini non solo geografici, ma geopolitici e geo-computazionali“.
Un esempio che rende l’idea dell’enorme cambiamento in atto: prima erano gli Stati nazione a realizzare le mappe dei territori; oggi ciascuno di noi per spostarsi utilizza mappe costruite da entità private commerciali direttamente disponibili sui nostri dispositivi mobili. Con le parole di Accoto, “il fatto che il disegno della mappa oggi venga fatto da una compagnia privata, che gestisce l’informazione a livello planetario, non è uno shift tecnologico. È un vero e proprio cambio di sovranità“.
Il codice ha messo l’uomo alla periferia del proprio mondo socioeconomico. Ma c’è ancora spazio per un governo delle tecnologie?
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Insieme al nostro ospite abbiamo affrontato anche un altro grande tema: l’evoluzione richiesta all’essere umano dall’era del coding in cui saremo sempre più immersi. Per gestire il flusso di informazioni proveniente dall’esplosione della sensoristica, infatti, l’essere umano dovrà verosimilmente adeguarsi cognitivamente. Oggi risulta già complicato stare dietro a posta elettronica, social network, messaggistica istantanea. Come potremo integrarci con la velocità e la complessità che ci sono richieste senza ricorrere a biohacking o a gradazioni di Body & Cognitive Augmentation?
Ancora, di recente stiamo assistendo alle impressionanti capacità simulative dell’AI conversazionale accessibile via browser (ChatGPT e Bard, per esempio).
Quale futuro si prospetta per un mondo del lavoro sempre più dominato dall’AI e, in generale, dalla “simulazione”?
Per approfondire quest’ultimo concetto si veda l’ultimo libro della trilogia di Accoto, “Il mondo in sintesi. Cinque brevi lezioni di filosofia della simulazione”.
Sabrina Colandrea